1) Come è nata la tua passione per la scrittura?
Avevo quindici anni, passavo tutto il mio tempo tra scuola e libri, e con libri intendo solo ed esclusivamente libri scolastici. Abitavo lontana dal liceo che frequentavo, perciò non avevo né modo né tempo di uscire nel weekend con i miei compagni di classe. Senza rendermene conto, ho cominciato a passare ogni minuto libero di fronte al computer, a inventarmi storie e a informarmi sul mondo dell’editoria. Era un modo per sentirmi meno sola e soprattutto per evadere dai tipici problemi da teenager. Poi il resto è venuto da sé, anche se ci ho impiegato un bel po’ di tempo.
2) Cosa ti piace leggere?
Gli ultimi nomi della mia libreria sono Stephen Chbosky, Margaret Atwood e il quotatissimo (a buon ragione) John Green. Ricordo di aver cominciato abbastanza tardi a leggere, sceglievo libri che spaziavano dal romance al fantasy; poi sono passata per un po’ ai classici, come Pirandello, e infine ho scoperto che la narrativa contemporanea non mi dispiaceva affatto, anzi: era la mia preferita. Di recente ho anche scoperto il noir, che si aggiunge alla lista dei miei generi da esplorare.
3) Parlaci di te!
Be’, diciamo che in genere mi presento così: sono una asociale che adora i social e che passa il tempo libero facendo una maratona su Netflix o in fila ai concerti. Dato che però non si può sempre andare ai concerti, ti dirò che adoro anche altre attività più veloci, tipo ingozzarmi di sushi fino a stare male, comprare gadget Potteriani di cui non ho assolutamente bisogno e guardare tutorial di lavoretti DIY che non sono mai stata in grado di replicare...
Che altro? La mia famiglia è numerosa, i miei amici sono pochi ma buoni e le personalità che abitano nella mia testa sono infinite!
4) Ti piacerebbe cimentarti in altri generi? Se sì, quali?
Tantissimo. Il mio agente lo sa bene, prima di morire dovrò per forza scrivere almeno un fantasy, che sia un libro o un telefilm poco importa. È da lì che è partita la mia passione. Per ora comunque preferisco concentrarmi sulla narrativa contemporanea, sia per ragazzi che per adulti. Sento che c’è tanto da esplorare, c’è tanto che si può scoprire dalla vita di tutti i giorni, sia per chi legge che per chi scrive.
5) Quanto c'è di tuo all'interno del romanzo?
Direi tutto. Sarebbe sbagliato però dire che ci sono solo io all’interno del romanzo. In questa storia ho messo vari pezzi di me (non tutti, ma certamente tanti) e sono nascosti un po’ in Angi, un po’ in Samu e tanti in Adele. Ma non lo nego: ho preso tantissimo da chi mi sta intorno, dai miei amici, dal loro passato, dai luoghi che frequento, forse più di quanto io stessa intendessi all’inizio.
6) La tua famiglia ti supporta in questa passione?
Sono i fan numero uno! Quando ero più piccola ricordo di averci messo un bel po’ a uscire allo scoperto. Non volevo che si scoprisse questa parte di me. Per anni (e non scherzo!) ho tenuto segreta la mia passione a tutti. Poi, un po’ per volta, ne ho parlato prima con le amiche, poi con la mia famiglia. Volevo che un hobby diventasse qualcosa di più e mi sono maledetta per non essermi esposta prima, perché avere qualcuno che ti supporta ti dà la forza per superare tutti gli ostacoli che inevitabilmente sorgono.
7) Se dovessi descrivere con poche parole Samu, Adi e Angi, come li presenteresti?
Partiamo da Angi, che descriverei come “ciò che qualunque ventenne vorrebbe essere”: determinato, pieno di amici, impeccabile; ha già scoperto la sua strada e la segue felice.
Samu invece è il lato più nascosto di tutti noi, quello che fatica a crescere e che ha bisogno di molto tempo per accettare il cambiamento. Più che arrabbiato, io lo definisco rabbioso, perché vive i demoni del suo passato come una malattia da cui non pensa di poter guarire.
Adele infine è la parte più forte e fragile allo stesso tempo: è il prototipo della mia generazione, salta da un lavoro all’altro, è sempre divisa tra la ricerca della felicità che le spetta e il sacrificio di se stessa per difendere chi ama.
8) Col senno di poi cambieresti qualcosa di ciò che hai scritto?
Sono sicura che quasi tutti gli scrittori ti direbbero questo: se rileggessi il mio romanzo altre trecento volte, sicuramente per trecento volte troverei qualcosa che non va. Che sia una virgola o un capitolo, c’è sempre una parte che si può migliorare. Ma a un certo punto l’autocritica e l’editing devono lasciare spazio alla pubblicazione, altrimenti in libreria avremmo solo bozze e nessun romanzo.
9) Come mai hai deciso di inserire nel romanzo un rapporto genitore-figlio così burrascoso?
Per due motivi. Uno: perché, purtroppo o per fortuna, copio dalla realtà, non sempre dalla mia, ma attingo a quel che vedo. Può sembrare brusco, ma è anche così che si porta il lettore a riflettere. Mi hanno fatto notare che gli adulti, nella mia storia, non fanno una gran bella figura. Ed era proprio questo l’obiettivo, perché se guardo alla realtà purtroppo trovo figure genitoriali anche peggiori...
Il secondo motivo è che, almeno su quel singolo aspetto, volevo portarmi a scrivere qualcosa che fosse totalmente fuori dalla mia quotidianità. Non dico che ho una famiglia perfetta, ma poco ci manca. Di sicuro sono ben lontana dalla situazione di Adele o di Samu. Credo sia anche per questo che si scrive (e si legge): per immedesimarsi in vite non nostre.
10) Quando hai iniziato a scrivere la storia avevi già in mente come sarebbe andata a finire, oppure hai sviluppato il filo narrativo passo dopo passo?
Be’, devo essere sincera. Il primo finale che ho scritto non era certamente quello che trovate adesso nel libro. E ti dirò di più: sono partita con una scaletta abbastanza definita, ma ho dovuto riscrivere e rivedere il romanzo quattro volte. Tante scene sono sparite e ne sono nate di nuove. A un certo punto ricordo di essere arrivata a metà di una delle tante revisioni e di aver detto: no, da qui in avanti straccio tutto e riparto.
Perciò sì, inizialmente c’era una meta finale a cui arrivare, e anche una scaletta per arrivarci, ma nel corso della scrittura sono cambiate entrambe.
11) Al posto di Adi ti saresti comportata nello stesso modo?
Vorrei dire di sì, ma la verità è che in passato mi sono trovata quasi nella stessa situazione di Adele e non ho avuto la forza di fare le sue stesse scelte. Ma sai che c’è? Meno male. Perché adesso non rimpiango niente, le mie scelte erano le più giuste per me in quel momento e mi hanno portato dove sono adesso, che è esattamente dove voglio essere.
12) Qual è stata la parte più difficile da scrivere e perché?
Sicuramente i flashback dei capitoli 45 e 47. Senza fare spoiler, penso che chi ha letto possa capirne il motivo. È stata una delle scene più difficili su cui lavorare, è stato necessario rivederla un paio di volte in più, e anche quando era stata scritta mi sembrava comunque sia giusta che sbagliata allo stesso tempo. Alla fine mi sembrava di aver perso qualcosa di importante, mi sentivo un po’ svuotata, come se parte di quella storia fosse diventata reale.
13) Ora come ora hai nuovi progetti in ballo? C'è la possibilità che in futuro avremo modo di leggere qualcosa su Angi?
Sarò sincera, non avevo mai pensato a un progetto a parte su Angi, perché ho sempre visto questa storia come autoconclusiva. Nella mia testa Samu, Adele e Angi continuano a vivere le loro vite, ogni tanto mi piace cullarmi nell’idea del loro futuro, ma è tutto qua. Adesso è ora di dedicarsi a nuovi progetti, che è proprio quello che sto facendo. Non posso anticipare granché, anche perché sono in fase iniziale, ma penso di stare ancora un po’ nel mondo young adult e new adult.
14) Scrivi qualche riga per invogliare chi ancora non conosce il tuo romanzo ad acquistarlo.
Perché dovrebbe leggerlo?
Credo che “Un sasso in una bolla” sia una storia normale ed eccezionale al tempo stesso, come lo sono tutte le storie reali. Direi di comprarlo (molto spassionatamente!) a chi vuole sentirsi meno solo con i suoi problemi, a quelle persone che hanno bisogno di imparare a crescere, di imparare a sperare di nuovo. Credo che si tratti di molto più che una storia d’amore. In ballo c’è la crescita personale di due individui distinti e separati che, prima di poter amare qualcun altro, devono prima imparare ad amare loro stessi. È uno degli insegnamenti più importanti, secondo me: la piena accettazione di sé e degli altri.
E poi, avete mai letto un libro in cui uno dei protagonisti potrebbe parlare... ma sceglie di non farlo?
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