Cari lettori, quando devo scrivere la recensione di un romanzo che mi ha sinceramente e positivamente scosso, sono sempre terrorizzata all'idea di non riuscire a mettere nero su bianco tutte le emozioni che mi ha trasmesso. Il romanzo di cui proverò a parlarvi oggi è un gioiellino edito Giunti: “Il matrimonio di mia sorella” di Cinzia Pennati.
La protagonista, nonché principale voce narrante della storia, è Agnese, una donna sulla quarantina sposata ormai da diverso tempo, madre di due bimbe.
Agnese sta attraversando un momento della sua vita piuttosto confusionario in cui deve fare i conti con la discrepanza desideri\realtà.
Il problema principale, però, è che nemmeno lei sa di preciso cosa vuole.
Nei primi capitoli l'autrice ci fa letteralmente entrare nella mente della donna che è esasperata perché sembra quasi che il peso di tutte le cose gravi solo ed esclusivamente su di lei.
Parola dopo parola ci si addentra in quello che è un palese matrimonio idilliaco solo se osservato esternamente ma che, in realtà, all'interno, è venato da una quantità infinita di crepe.
Io vado in camera a leggere, lui è davanti alla televisione, lui sceglie il calcetto con gli amici, io il cinema. Io faccio le pulizie, lui va al parco con le bambine. Io vorrei sentirmi dire che sono brava, lui è stufo che glielo chieda. I gesti che fino a ieri erano piccoli sassi buttati uno sull'altro, oggi sono una montagna insormontabile.
E non so nemmeno come sia successo.
Sebbene Agnese non sia mai stata un’inguaribile romantica, non abbia mai sognato il cavallo bianco o il principe azzurro – a differenza della sorella minore – non può fare a meno di notare come il suo matrimonio sia carente di qualcosa, in particolare di tutti quei piccoli ma preziosi gesti che potrebbero migliorare anche le giornate più cupe.
Guardandosi allo specchio la protagonista deve fare i conti con la cruda realtà e con il fatto che il tempo passa inesorabilmente per tutti.
Agnese è una donna che non si è mai piaciuta, che ha sempre cercato l'indipendenza e che ha fatto di tutto pur di non diventare la copia di sua madre.
Agnese è una moglie, un’amante, una figlia, una sorella e una mamma.
Agnese è, a prescindere da tutto, umana, e di conseguenza bisognosa d'amore.
È arrivato il momento di fare qualcosa, ma non so bene cosa.
So con sicurezza che ho un bisogno disperato di essere amata.
Non siamo fatti per stare soli, ma come dobbiamo comportarci quando non riconosciamo più la persona che vive accanto a noi? Con il tempo si affinano le abitudini, le conoscenze, le preferenze, ma si cade anche vittima dell'ordinarietà. Le battute che prima facevano ridere, ora non lo fanno più; i piccoli gesti che prima si facevano con piacere, ora pesano; i complimenti che prima erano all'ordine del giorno, ora sono solo un vago ricordo.
Agnese deve tutto alle sue bimbe, è proprio grazie a loro che la sua relazione con il marito Luca non è ancora andata alla deriva.
Da quando sono nate, la protagonista si è presa carico di ogni responsabilità, lasciando il suo uomo in disparte, rendendolo così inadatto nel ruolo di padre.
Contemporaneamente il valore di donna in quanto tale, per Agnese, sfuma.
Infatti, aspetti quali la femminilità, la sensualità, il suo ruolo non solo di moglie e di madre, ma anche di amante, spariscono del nulla. Sembra quasi che Luca riesca ad attribuire alla compagna solo un'identità per volta e, da quando ci sono le bambine, Agnese è stata etichettata elusivamente come: madre. Niente di più, niente di meno.
Agnese è sopraffatta dalla situazione. Non sa cosa vuole, cosa sia meglio per sé stessa, come far migliorare la situazione. Si limita a trascorrere le giornate in una condizione di incertezza assoluta, nel limbo, scissa, cercando di fasciarsi la testa di pensieri e di riempirsi l'agenda di cose da fare sovraccaricandosi inutilmente.
“Perché, la vecchiaia regala qualcosa?” le ho chiesto.
“Regala il tempo e la lentezza.”
“La lentezza e il tempo?... Cosa sono?”
“Tesoro mio, devi imparare a dire qualche no” mi ha risposto lei.
“A chi? A Luca, alla mamma, alle mie figlie?”
“Nessuno è indispensabile. Nemmeno tu” ha detto quasi a far male.
Nelle prime pagine, oltre a dover far fronte a tutti questi dubbi, Agnese deve anche occuparsi del matrimonio della sorella minore, Celeste.
Sebbene sia contraria, svogliata e assolutamente per nulla ben disposta a partecipare all'evento, sarà proprio a causa di questo matrimonio che Agnese compirà un percorso di riflessione personale, insieme ad una sorella con la quale non è mai andata del tutto d'accordo, insieme alla rigida madre Ines, al dolce e testardo padre Giò, alla temuta nonna Norma, alla cugina Fiamma e soprattutto alla meravigliosa zia Rosa.
Quest'ultimo personaggio, oltre ad avere un ruolo cruciale all'interno delle vicende, è veramente speciale. È una figura premurosa, estremamente attenta, arguta, schietta e intelligente: è senza alcun dubbio la seconda mamma che tutti vorremmo. Mi sono affezionata molto a lei.
Con lo scorrere delle pagine, inoltre, a poco a poco, tutti i nodi si districheranno, facendo venire a galla passati dolorosi, tradimenti, segreti, paure e verità camuffate da parte di ciascun personaggio.
Da sola non ce la faccio. Non ho la bussola per ritrovarmi. E io non mi basto.
Leggere questo romanzo è paragonabile a compiere un viaggio con i protagonisti ma anche, e soprattutto, con sé stessi. Con le sue parole, Cinzia Pennati, mi ha fatta riflettere, ridere, emozionare e commuovere. Lo stile è fluido e scorrevole, accattivane e travolgente.
Le storie e i trascorsi di ciascun personaggio mi sono rimaste nel cuore ed hanno instillato in me un infinito senso di positività e speranza.
“Il matrimonio di mia sorella” è un romanzo intenso, che ti entra nell'anima. È un confronto tra generazioni, tra membri della stessa famiglia apparentemente diversi, ma che in realtà sono molto simili.
È non perdere mai la capacità di sognare, di credere in sé stessi, di poter cambiare le cose e soprattutto di amarsi per ciò che siamo.
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