Cari lettori, oggi vi parlo di un romanzo ricco di insegnamenti e di riflessioni: “Dieci cose che avevo dimenticato” di Lucrezia Sarnari, edito Rizzoli.
Una storia che spinge il lettore a pensare e a trovare la propria strada, qualsiasi essa sia.
Le protagoniste della vicenda sono Giò, diminutivo di Giovanna, e Marta, due sorelle con un paio d'anni di differenza, che non potrebbero essere più diverse l'una dall'altra.
Giò è una donna in carriera, vive a Parigi con la sua gatta e tutto ciò che brama è una promozione a livello lavorativo. I sentimenti ed i legami, nel suo percorso, non sono ammessi: non ha mai ambito ad avere una famiglia o dei figli poiché sarebbero semplicemente delle ancore che le impedirebbero di stare al passo con il suo ritmo sfrenato.
La sorella maggiore è autonomia, indipendenza economica, frenesia, intelligenza, ambizione, rinunce e grandi città.
Io voglio la mia promozione. È quello il mio obiettivo: vorrei che i sacrifici fatti in tutto questo tempo mi fossero riconosciuti. Vorrei lasciare il segno, fare qualcosa che verrà ricordato. Per molti sono solo una superficiale anaffettiva e anche un po' egoista: la verità è che sono convinta che non esista un unico modo di essere realizzati e questo è il mio.
Marta, invece, è una mamma. Ama Fabio, l'uomo che ha accanto, e soprattutto il loro piccolo bimbo Vittorio. In passato, la minore delle due, ha sacrificato tutto per la famiglia: i suoi sogni, i suoi obiettivi, si è persino trasferita in un'altra città per il bene e per la comodità del compagno.
Dietro a questa facciata di altruismo, però, si nasconde una donna timorosa e fragile, incapace di compiere delle scelte esclusivamente per sé stessa e soprattutto troppo spaventata all'idea di dover far fronte alle avversità da sola.
Le sue giornate trascorrono ad un ritmo veloce per via degli impegni che il lavoro – che fa ma non ama – e la sua famiglia, la costringono a tenere.
Marta è paura, dolcezza, sentimenti incondizionati.
È desiderio di staccare la spina, rallentare il ritmo, godersi la pace e vivere in una piccola città.
Ho sempre saputo che un giorno sarei diventata mamma, ma non avevo previsto quanto sarebbe stato complicato. Amo mio figlio Vittorio alla follia, ma che fatica! Mi dico sempre che non si può essere allo stesso tempo una mamma presente, una compagna amorevole, un'amante appassionata e una professionista affermata senza perdere qualche pezzo. Io di pezzi ne ho persi molti per strada, soprattutto pezzi di me stessa.
Un giorno, però, tutto cambia: le due sorelle ereditano la pasticceria della nonna Caterina e fanno quindi ritorno in Umbria, il luogo in cui sono nate e cresciute.
Sarà proprio tra le viuzze della loro cittadina natale che Giò e Marta metteranno in discussione ogni cosa.
La prima si renderà conto di quanto sia bello vivere più pacatamente, in compagnia della famiglia e delle persone a cui tieni e a poco a poco comprenderà anche quanto sia difficile tener fuori i sentimenti, nel momento in cui, lentamente e silenziosamente, fanno capolino nella tua vita.
La seconda, invece, si troverà faccia a faccia con tutte le rinunce che è stata costretta a fare, a partire dalla sua passione per la fotografia, inizialmente stroncata dai genitori e successivamente non perseguita per timore.
Marta comprenderà quanto il suo essere “madre” le abbia tolto, per sua stessa scelta, anche la possibilità di essere una compagna e un'amante attenta nei confronti dell'uomo che ama.
Entrambe dovranno lottare contro i rispettivi demoni per trovare la strada di casa.
È proprio vero che talvolta bisogna perdersi per ritrovarsi... riusciranno le due donne, accompagnate dai paesaggi della loro preziosa Umbria, a conciliarsi con sé stesse?
“Dieci cose che avevo dimenticato” è un romanzo davvero delizioso. Scorrevole, completo, un pochino ripetitivo all'inizio, ma che poi ingrana bene.
Nonostante le importanti tematiche affrontate, la vicenda procede in maniera fluida e dinamica.
L'autrice, pagina dopo pagina, permette al lettore di compiere un viaggio accanto a Giò e Marta, due donne così differenti eppure tremendamente complementari.
Lucrezia Sarnari invita ad andare oltre la coltre di nebbia che ti limita la visuale, proponendoti un semplice grigio sporco. Ti sprona a proseguire nell'ignoto brancolando, cadendo e talvolta ferendoti anche, ma non senza una meravigliosa ricompensa finale: la possibilità di vedere ciò che le nubi oscuravano. La chiarezza, la comprensione, il raggiungimento di ciò che stavi cercando.
“Dieci cose che avevo dimenticato” fa inoltre notare al lettore come spesso parole e gesti non coincidano, ed è fondamentale notare questa discrepanza per evitare fraintendimenti o delusioni.
Non tutti sono realmente ciò che dicono di essere, e non per forza per falsità d'animo, semplicemente perché molte volte è difficile accettarci per quello che siamo: esseri umani imperfetti dalle mille sfaccettature.
Sorrido perché, anche se sarà dura, ora che la strada è tracciata so che non posso più perdermi.
Due donne forti e difficili, due anime fragili e delicate, due sogni opposti.
Siamo sicuri che in realtà non siano molto più simili di quanto non sembrino?
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