Quando devo scrivere la recensione di un romanzo che mi ha sorpreso – positivamente parlando – e che ho amato alla follia, faccio sempre fatica.
“La figlia della libertà” di Luca Di Fulvio (edito Rizzoli), è un romanzo che, molto probabilmente, non avrei mai letto di mia iniziativa. Lo storico non è il mio genere preferito e, anche se questo titolo è romanzato e super scorrevole, è pur sempre ambientato nel 1912.
Contro ogni aspettativa, però, sin dalle prime pagine, non ho potuto fare a meno di ricredermi: Luca Di Fulvio è riuscito con grande maestria a coinvolgermi completamente nella vita di Rosetta, Rocco e Raechel.
Partiamo dal presupposto che, inizialmente, i tre protagonisti conducono vite nettamene diverse e, soprattutto, che provengono da luoghi differenti: Rosetta e Rocco, da due cittadine Siciliane, mentre, Raechel, dalla Russia.
Rosetta è una giovane dallo sguardo fiero disposta a tutto pur di non piegarsi al volere altrui. Da sempre vittima di violenze, ha col tempo sviluppato una certa avversione nei confronti del sesso opposto, così crudele e spietato da considerare la donna come un mero oggetto: semplice e pura “carne”. Ancorata ad un destino crudele che sembra non volerla lasciare andare, finalmente, un giorno, Rosetta riuscirà a fuggire. Diretta sulla nave per Buenos Aires, è proprio su quest'ultima che incontra Rocco.
Rosetta rimase immobile mentre sentiva lo scalpiccio dei loro passi che si allontanavano di corsa. E rimase lì, pietrificata, incapace di muoversi, di pensare, di ascoltare il terribile dolore nel quale l'avevano precipitata.
Rocco è un ragazzo che, grazie\per colpa di suo padre, si ritrova nelle braccia della mafia. Costretto a condurre uno stile di vita che non riconosce e che “non sente suo”, solo dopo varie peripezie sarà finalmente in grado di partire per l'America Latina alla ricerca di un mondo nuovo e di una vita diversa, dove potrà forse fare per davvero – e per la prima volta – la professione che tanto ambisce ad esercitare: quella del meccanico.
Era dannato. Non era una persona libera, era l'ombra di suo padre. Il fantasma di sè stesso. Aveva perso e non aveva la forza di ribellarsi.
Sulla nave succede un piccolo miracolo: Rocco salva Rosetta, la tutela, si prende cura di lei, se ne innamora. Tutto questo, senza chiedere nulla in cambio. Senza pretendere o esigere nulla da lei. La stessa Rosetta, folgorata, non può fare a meno di continuare a pensare a questo sconosciuto che, incredibilmente, sembra diverso da tutti gli uomini che ha incontrato sino ad ora.
Rosetta lo guardò. "Non è il tuo compleanno, vero?"
"Che importa?"
"E' il tuo compleanno sì o no?"
Rocco si strinse nelle spalle. "No."
"Lo vedi che sei uno sparaminchiate?" rise Rosetta.
"Meglio che essere un mafioso o un barone."
"Sì..." mormorò Rosetta. Poi, lentamente, andò a sedersi per terra vicino alle sbarre, di fronte al piatto con la torta.
Intinse un dito nella panna e la assaggiò.
"Buona?" le domandò Rocco.
Rosetta annuì e, timidamente, alzò i suoi profondi occhi neri, arrossati da una notte di pianto, fino a incontrare quelli di Rocco. E disse: "Buon complenno".
Ma lei è in fuga e non ha tempo per nessuno se non per sé stessa.
È una ricercata, un'assassina, una vittima impotente.
Ultima, ma non per questo meno importante: Raechel che, dopo aver perso la persona che amava di più al mondo, scappa su una carovana, alla ricerca di un futuro migliore. Purtroppo però, nel momento in cui si renderà conto di aver preso un abbaglio, sarà per lei troppo tardi... e non potrà fare a meno di pagare il prezzo delle proprie scelte.
"Verrà il buio..."
"Rischiarerò la tua strada."
"I lupi usciranno a caccia..."
"Ti renderò invisibile ai tuoi nemici."
Una volta giunti a Buenos Aires i tre protagonisti prenderanno strade diverse. Vecchi legami si interromperanno, nuovi se ne creeranno. Le loro vite, seppur così differenti, saranno destinate ad influenzarsi a vicenda, a perdersi per poi ritrovarsi, aggrovigliarsi e stringersi.
“La figlia della libertà” è, a livello di trama, un libro così ricco di avvenimenti, da risultare quasi impossibile da sintetizzare. Questo romanzo parla di schiavitù, di vincoli, di mancanza di libero arbitrio. Parla della condizione della donna, del suo essere concepita come un oggetto, per poi essere usata e violata. Parla di sogni infranti, di ingiustizia, di torture, di illusioni. Parla d'amore, di sentimenti travolgenti, di riscatto e di voglia di gridare al vento le proprie idee.
Il romanzo di Luca di Fulvio è duro, schietto e non te la “sta a raccontare”. È appassionante, realistico e dolorosamente sincero. Scritto a punti di vista alternati, nelle sue seicentocinquanta pagine nasconde un mondo meraviglioso.
Un titolo che non posso fare a meno di consigliare e, che merita, anzi, deve essere letto.
Un titolo che mi ha rubato il cuore, fatto arrabbiare, riflettere, piangere, commuovere e innamorare.
Uno titolo che, senza alcuna ombra di dubbio, si è guadagnato la nomina di “indimenticabile”.
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