Cari lettori, oggi vi parlo di “La malalegna” di Rosa Ventrella edito Mondadori, un romanzo difficile, crudo e realistico che ci catapulta negli anni della seconda guerra mondiale.
Teresa e Angelina sono sorelle, eppure non potrebbero essere più diverse l'una dall'altra.
Angelina è il sole, una calamita, una bellezza unica. È una sognatrice chiacchierona ed emotiva. È colei che sta al centro della piazza, costantemente abituata ad avere le luci dei riflettori che le baciano la pelle olivastra.
Teresa invece è la notte, è quella taciturna e timorosa di mostrarsi al mondo. È razionale, dedita al sacrificio e devota alla famiglia. È pura, invisibile, la fanciulla che non viene mai notata, completamente oscurata dalla bellezza del sole accanto a lei. È umile, sensibile e desiderosa d'amare. Non le importa di nulla: né del ceto sociale, né della ricchezza; vuole solo essere guardata dall'uomo che ama, come lui, purtroppo, guarda Angelina.
Quanti anni sono passati, Angelina? Quanto intensamente ti ho amato? Se da bambine le comari avessero provato a descriverci, io sarei stata quella incompresa, taciturna, schiva, la spettatrice. E tu? Tu, Angelina, saresti stata il sole.
“La malalegna” è un romanzo suddiviso in sezioni grazie alle quali il lettore ha modo di vivere con le due protagoniste il loro percorso di crescita. Nelle prime pagine, infatti, sono delle bambine mentre, alla fine della storia, sono due giovani donne – o meglio, solo una di loro lo è.
La vicenda è ambientata in Puglia, in un paese devastato dalla guerra, in cui la povertà regna sovrana e in cui i pettegolezzi sono sulla bocca di tutti.
“La malalegna” insegna come la bellezza sia una condanna, come la sia stata e come, secondo me, la sia tutt'ora. Ho trovato questo argomento piuttosto moderno, adattabile perfettamente anche ai nostri giorni. Vittima di tale “maledizione” sarà in primo luogo la madre delle sorelle, donna splendida a tal punto da suscitare l'invidia di tutte le compaesane.
Il suo fascino verrà poi ereditato da Angelina. Così come la conseguente sventura che da esso ne deriva.
“La malalegna” mostra al lettore il valore della famiglia, come il sacrificio talvolta sia necessario, come il dolore sia spesso difficile da esprimere a parole, come la solitudine divori le persone, come l'amore spacchi il cuore e come la perfezione di tanto in tanto celi oscurità.
Nel mondo invertito in cui lei viveva c'erano le meraviglie, c'erano padroni e schiavi che si stringevano le mani e mangiavano alla stessa tavola, c'erano giovani con i sorrisi imbiancati da denti sani e cesellati come quelli del barone. Il suo cuore aveva rinunciato alle cose di questa terra: il pane, le lotte per le campagne, i morti ammazzati. Potevamo andare tutti a morire, le case ridotte in cenere, le strade un mare di fango e alberi abbattuti. Polvere e foglie su cui lei camminava sicura e spedita.
Lo stile di scrittura è coinvolgente, dinamico e realistico. Il lettore viene completamente catapultato all'interno della storia, raccontata interamente dal punto di vista di Teresa.
L'autrice calca l'attenzione sull'importanza delle scelte e su quanto essere stesse possano portare alla nostra disfatta. Su quanto queste possano creare legami, e ridurne in mille pezzi altri; così come segnala quanto sia difficile sfuggire dalle grinfie delle dicerie che, in un piccolo paese, si propagano rapidamente come uno sciame d'api in un campo di fiori.
Teresa è stata a mio avviso un'ottima voce narrante, una giovane schiva che, nonostante tutte le diversità, ha disperatamente amato sua sorella.
“La malalegna” è un romanzo caratterizzato da personaggi maschili che bramano indipendenza e da voci femminili forti e agguerrite che, per il bene delle persone a cui tengono, sono disposte a tutto.
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