Vi è mai capitato di chiedervi che cosa succeda dopo quel fatidico “e vissero per sempre felici e contenti”? Perché è chiaro che, anche se molto spesso i libri che tanto amiamo finiscono in tal modo, non è detto che anche la vita vera faccia altrettanto.
Dopo aver trovato la persona giusta, aver combattuto per averla accanto ed aver creato la propria famiglia: la vita continua. Un proseguo di cui si parla poco, quasi mai, a dir la verità.
Si dice che l’innamoramento sia il periodo più bello e che dopo sia tutto in discesa.
Si dice che il matrimonio soffochi l’amore.
Il punto è che nulla funziona se viene lasciato andare alla deriva e che ogni cosa, relazioni incluse, ha bisogno di impegno, cura e costanza.
Ed è proprio di questo che Fabio Volo ci parla nel suo ultimo romanzo intitolato: Una gran voglia di vivere – che sia poi riuscito o meno a coinvolgermi, è tutta un'altra storia.
Ma procediamo con calma. Prima di dirvi le mie opinioni riguardanti il romanzo, ecco una breve sintesi della trama.
Marco, il protagonista della storia, dopo molti anni al fianco di Anna, si rende conto di non saper più ciò che prova davvero per lei. Non sa darsi risposte, la sua unica certezza è quella di essere insoddisfatto della sua vita.
Come avevo fatto a non accorgermi che anche lei si era arresa? Ero cosi preso da me e da quello che sentivo da non aver capito che anche lei stava vivendo la stessa situazione. Eppure me ne sarei dovuto accorgere. Da tempo, abbracciandoci, avevamo smesso di fonderci l’uno nell’altra.
La loro relazione non è più un piacere ma un peso, un dovere che si porta dietro giorno dopo giorno con crescente difficoltà e conseguente frustrazione.
Ben presto però si renderà conto di non essere solo in questo turbinio di pensieri: anche Anna ha le stesse perplessità. Si ritroveranno dunque entrambi davanti a questo bivio, in crisi, incapaci di prendere una decisione per il futuro: lasciarsi o cercare di salvare il salvabile? Cosa ne sarà di loro figlio Matteo?
È difficile vivere felici quando si ha la convinzione di poter essere altrove una versione migliore di ciò che si è.
Il romanzo ci catapulta sin da subito nel cuore della storia, senza troppi fronzoli o descrizioni.
A dir la verità... anche troppo rapidamente: dei personaggi, infatti, non sappiamo praticamente nulla se non i nomi, l'età, il lavoro, che convivono a Milano ed hanno un figlio.
Non abbiamo nessuna descrizione fisica né tanto meno caratteriale.
“Sono stanca di sentirmi in pausa” ha continuato, “Stanca di aspettare e vedere se le cose cambiano. Ho voglia di vivere, Marco”
“Se è quello che vogliamo entrambi perché non ci riusciamo?”
“Non lo so. Abbiamo tutto per essere felici, ma non siamo capaci di esserlo.”
“È frustrante.”
Marco e Anna sono persone normali, con i loro alti e bassi e con le loro mille sfaccettature. Stiamo parlando di due protagonisti comuni, imperfetti, direi addirittura a tratti banali.
Sono come noi: fragili e intimoriti dal futuro, incapaci di trovare la strada giusta verso la felicità e di essere soddisfatti del presente, perché sarebbe stata bella la vita “se”… il fatto che non siano stereotipati li rende ancora più veri.
Quando, finite le cene in compagnia, Anna sale in auto con me, la persona che mi siede accanto non è la stessa che scherzava a tavola con tutti. Loro non la vedono da vicino come la vedo io. E da vicino perfino lei ha i suoi colori scuri, le sue insicurezze e i suoi difetti. Anche se li mostra solo a me.
Lo stile di scrittura mi ha conquistato solo inizialmente, in secondo luogo gli “aforismi” e le “frasi ad effetto” sono diventate così frequenti da perdere valore.
A primo impatto l’ho trovato molto simile a quello di Nicolas Bureau, semplice e diretto ma al contempo dolce e armonioso.
Non mi hanno purtroppo convinto le descrizioni delle ambientazioni, che risultano praticamente assenti: dell’Australia – luogo in cui è ambientato il romanzo – c’è poco o nulla. Mancano l’atmosfera, le tradizioni, la cultura, i luoghi comuni. Si riduce tutto a brevi descrizioni obiettivamente asettiche.
Altro elemento a mio avviso negativo: il fatto che tutte le persone che vengono incontrate dai protagonisti lungo il tragitto in un modo o nell’altro si rivelano provvidenziali. Possono anche capitare delle coincidenze nella vita, tuttavia quando diventano troppe, la storia perde credibilità e diventa inverosimile.
A ciò aggiungo che il finale mi ha lasciato con l’amaro in bocca poiché non è aperto, ma neanche chiuso: la cosiddetta verità che si cercava di capire, infatti, rimane un mistero e le risposte alle domande del protagonista non sono altro che una serie di aforismi “già pronti”. Dove sta la verità dell'autore, le sue considerazioni e i suoi pensieri? Cosa avrebbe fatto lui? Come avrebbe mosso i fili delle sue scelte?
Mi stavo perdendo pezzi importanti di quello che c’era, distratto dalla paura di perdere quello che avrebbe potuto esserci e che non esisteva. Non avevo bisogno di più cose, più relazioni, più persone. Avevo bisogno di viverle più appieno.
Detto ciò, consiglio questo libro come lettura di puro intrattenimento, per staccare la spina e non pensare a nulla, possibilmente anche senza troppe aspettative. Ritengo che piccole attenzioni avrebbero fatto la differenza, perché la tematica trattata è affascinante, i protagonisti sono interessanti ed anche l'ambientazione presenta ottimi punti di forza... semplicemente è mancato il giusto equilibrio tra i vari elementi in gioco che compongono Una gran voglia di vivere.
E voi? Avete letto questo libro, cosa ne pensate? Vi piace Fabio Volo?
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