La nube purpurea è uno di quei romanzi che molto probabilmente non avrei mai letto, se non fosse stato per l’università. In quanto totalmente fuori della mia comfort zone, essendo un post apocalittico, difficilmente sarebbe rientrato tra le mie scelte di lettura.
Prima di parlarvi meglio della trama e delle mie opinioni al riguardo, però, vorrei soffermarmi un momentino sul post apocalittico, un genere poco conosciuto o comunque spesso mal interpretato.
Un post apocalittico è un libro che parla della fine del mondo senza che questa si concretizzi mai veramente (un po' come l’arca Noè). Racconta di catastrofi di vario tipo che portano alla distruzione del genere umano con l'eccezione di pochi eletti, a volte solo uno, che assistono alla caduta del vecchio mondo e alla nascita di uno nuovo. Non è dunque da confondersi con il distopico, con il futuristico o con il fantasy.
La nube purpurea scritto da M.P. Shiel è una vicenda difficile da riassumere in poche righe.
La nube purpurea è la storia di Adam, un medico che sta per sposarsi e che non ha particolari ambizioni, poiché è felice di ciò che possiede. Tuttavia, non è questo il suo destino e tutto sembra spingerlo verso un'altra direzione, quella giusta, voluta dal fato: la sua fidanzata, un incidente, la fortuna e le voci che litigano nella sua mente che lui ha soprannominato forza bianca e forza nera.
Senza sapere come, ecco che si ritrova imbarcato su una nave diretta verso il polo nord. Sarà proprio con l'inizio di questo viaggio che al contempo cominceranno a succedere cose strane – un climax di avvenimenti che raggiungerà l’apice con il suo arrivo al polo, quando si darà ufficialmente il via all'inizio della fine.
Sarà allora che Adam si ritroverà inspiegabilmente solo. Una strana nube dal profumo di pesca ha infatti ucciso tutti, non solo i suoi compagni, e il protagonista si ritrova ad essere l’unico essere umano ancora in vita sulla terra. Deciderà dunque, vista la situazione, di autoproclamandosi re del mondo. Una sorta di Robinson Crusoe che anziché aver a disposizione un’isola sperduta, ha tra le mani il mondo intero.
Non riuscivo a contenermi più, e cominciai a incendiare (...) incendiai e incendiai per quattro mesi, lasciandomi dietro intere provincie fumanti, deserti di devastazione, come un essere sorto dall'Abisso che fa inaridire tutto sotto le sue ali di fuoco. (…) Incendiare città è diventato ormai per me un vizio che mi incatena -e mi degrada- più di quanto l'oppio possa incatenare e degradare il fumatore: è il mio bisogno, la mia acquavite, il mio baccanale, il mio peccato segreto
Della trama non dirò altro, anzi, probabilmente ho già parlato troppo.
Del romanzo ho apprezzato due cose, innanzitutto l'imprevedibilità: leggendo non sai mai che cosa stia per succedere, se sei lì e ti chiedi, e quindi? Il mondo è finito e ora cosa si fa?
La seconda cosa che mi è piaciuta molto è stata la narrazione indiretta.
Shiel, l'autore, fa infatti parlare un narratore (anonimo) che dice di aver ricevuto da un amico i quaderni scritti da una medium capace di contattare le anime del passato e del futuro.
Le memorie della "nube" sono solo il terzo dei quattro quaderni inviati e contengono i ricordi di Adam.
Assai accurata analisi del personaggio, che tra l’altro purtroppo difficilmente ho tollerato, trovandolo a tratti insulso e superficiale, a tratti antipatico e influenzabile.
La vera storia che ci racconta Shiel non è la fine del mondo. La vera storia è Adam, non tanto dove va o cosa fa, ma come diventa dopo quella fine. La vera domanda che si pone l’autore a mio parere non è cosa succede quando finisce il mondo, ma come diventa un essere umano, solo con la propria mente e con un intero pianeta tra le mani, senza nessun dovere e nessun limite... fin dove può arrivare?
Certamente la sua presenza nel mondo accanto a me (...) ha provocato nel mio carattere profondi mutamenti; ormai sono un ricordo del passato quelle ore tormentose in cui, orgoglioso come un gallo, sbandieravo, bestemmiando la mia monarchia in faccia al cielo; oppure sbavavo, contorcendo il corpo in danze oscene, o me ne andavo a ridurre in cenere una città qualunque e a gozzovigliare nelle vampe e nelle risate dell'Inferno; oppure mi rotolavo nell'ebbrezza delle droghe. Era soltanto pazzia! Adesso me ne accorgo... era "il male", "il male".
La civiltà nasce dal relazionarsi con gli altri. Chi è costretto a vivere solo torna allo stato primordiale e rischia di impazzire o di diventare una bestia.
Qui si pone una domanda, la cui risposta mi interesserebbe davvero: per vent'anni -o meglio diciamo venti secoli- sono stato completamente pazzo, matto da legare, o no? e adesso sono diventato improvvisamente sano di mente, qui seduto a scrivere in perfetta lucidità, con tutto il mio tono mutato o soggetto a veloce mutamento, oppure no? E questa trasformazione non potrebbe essere dovuta alla sola presenza di un'altra persona sul pianeta?
Un'altra cosa che ho amato è stata la visione dell’esistenza umana di Shiel, che mi ha ricordato a tratti Leopardi con il suo pessimismo cosmico (in particolare il dialogo tra uno gnomo e un folletto), che deride l’importanza e la centralità dell’uomo nel mondo, perchè l’uomo alla fine è solo una pedina nelle mani di forze maggiori.
(...) perché, che può fare un unico insignificante uomo, avvolto nella sua veste di carne, davanti a moltitudini ed eserciti di disincarnati, solo tra tutti loro, e in nessun luogo un altro, un suo pari, a cui chiedere aiuto contro di loro?
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