Vi è mai capitato di leggere un libro oggettivamente molto valido, ma che soggettivamente non vi ha particolarmente colpito? Ecco, è esattamente quello che mi è successo con il romanzo di cui vi parlerò oggi: Che cosa hai fatto Lizzie Borden?
Ma andiamo con calma! Di cosa parla? Che genere è?
Che cosa hai fatto Lizzie Borden? è una nuova uscita firmata Piemme che come genere rientra tra lo storico e il thriller con sfumature noir.
Sarah Schmidt, l’autrice, tenta di romanzare e/o dare una sua visione di uno dei cold case più affascinanti della storia americana: quello di Lizzie Borden, giovane accusata di aver assassinato a colpi d’ascia il padre e la matrigna.
È dei familiari che si deve aver paura, non degli estranei.
Lizzie, nonostante l’assenza di altri sospettati, verrà assolta dall'accusa per mancanza di prove evidenti, ma rimarrà nell’immaginario popolare un'assassina, un mostro travestito da donna.
Si tratta infatti di un caso irrisolto che per anni ha fatto scalpore e che ha spaccato l’America in due tra: chi la riteneva innocente e chi colpevole.
La storia di Lizzie Borden rimane un mistero e l’autrice tenterà, impossessandosi delle sue molteplici complessità, di far chiarezza.
E poi Emma vide il barattolo della farina e mi chiese: “Lizzie, vorresti diventare invisibile?”. “Come un fantasma?” Mosse il capo come durante un salto. “si.” Le dissi che volevo, ma solo se significava che nessuno avrebbe visto le cose cattive che facevo.
Il problema di questo libro?
Sappiamo tutto sin dalla sinossi e quindi non siamo particolarmente invogliati a portare avanti la lettura. Manca il coinvolgimento, il dubbio e l’ansia di capire ciò che ci viene tenuto nascosto.
Che cosa hai fatto Lizzie Borden? È il titolo. Lizzie ha ucciso il padre e la matrigna e fin da subito sappiamo che verrà imprigionata ma non impiccata per mancanza di accuse. Il libro aggiunge qualcosa, ma nulla di relativamente importante.
Di conseguenza diventa tutto molto prevedibile e la narrazione dall'andamento lento non fa che aumentarne la pesantezza.
A livello caratteriale, in più, non si salva un personaggio... sono tutti matti, letteralmente! Personalmente non posso negare che, se da una parte leggere i vari punti di vista – soprattutto quelli di una persona con gravi problemi mentali – è interessante, dall’altro però rende la lettura distaccata, troppo estranea a noi. Non si riesce a entrare in empatia con nessun personaggio, così come non si riesce a provare compassione per le due vittime, colpevoli a loro volta.
Sono tutte figure ambigue, strane e crudeli. Ciascuna di loro è vittima e colpevole al tempo stesso.
Papà e io ci fissammo. Non mi aveva mai lasciata crescere, come se non si fidasse di me. […] Pensai a ciò che era rimasto non detto. Desiderai essere dentro la sua mente, vedere tutto da sotto le sue ossa, gli occhi, la pelle.
Alcuni pensieri dei personaggi sono addirittura disgustosi e inquietanti, ma questo non è un elemento negativo, anzi. L’autrice è stata estremamente brava a scavare dentro ai protagonisti ed in particolar modo alle due sorelle: Lizzie ed Emma.
Ogni singola relazione è sbagliata, partendo dalle più ovvie: padre-figlie o sorella-sorella a quelle meno ovvie zio-nipote, matrigna-figliastra, padrona-serva.
Sono esaltati elementi come l’ossessione per l’altro e il soffocamento di chi ci sta attorno nel tentativo di controllarlo e tenerlo vicino a noi per sempre.
A livello stilistico l’autrice è stata fantastica e, anche se la lettura non è molto scorrevole, lo stile è estremamente esaustivo, perforante e condensato. Sarah Schmidt narra infatti la storia da ogni punto di vista, leggiamo ogni pensiero ed ogni azione. Tutti i ricordi prima o dopo tornano a galla per spiegare e giustificare un certo rapporto, la rabbia o la freddezza di un comportamento.
Il rivoltante desiderio di Emma di avere risposte mi fece battere il cuore più velocemente. Mi fece venir voglia di affondare i denti nella sua carne ed eliminarla a morsi dalla mia vita, di arrampicarmi nella sua mente e catalogare tutto ciò che pensava di me…
A ciò si aggiunge le due linee temporali in cui la storia è raccontata: prima dall’assassinio e dopo.
Questo intreccio può sembrare complicato da seguire ma vi assicuro che la scrittrice è stata in grado di gestire tutto per il meglio, portando il lettore per mano lungo tutto l’arco narrativo.
Le descrizioni sono crude, pregne di un'insensibilità tale da risultare inquietante. Quelle dei corpi, dell’omicidio e di tutto ciò che avviene prima e dopo è sinceramente destabilizzante.
Non scherzo quando dico che ho avuto gli incubi ieri notte; le immagini descritte erano fin troppo vivide e l’idea che questa sia una storia realmente accaduta mi ha dato il colpo di grazia.
Nessuno era interessato a sapere quanto fosse in grado di piangere una bambina di sette anni. Imparai a tenermi dentro moltissime cose.
Non sono sicura di quello che penso ora a fine lettura, sono onestamente confusa.
Da una parte abbiamo lo stile narrativo davvero valido e dall’altro una storia che, per quanto ti entri dentro, al contempo ti lascia un vuoto. Non mi è mai capitato di rimanere così indifferente di fronte ad ogni personaggio.
Che cosa hai fatto Lizzie Borden? è un romanzo davvero particolare, perfetto per chi ama storie irrisolte dal clima cupo tratte da fatti realmente accaduti. Al tempo stesso però, pur consigliandolo, suggerisco anche agli animi più delicati e alle persone sensibili di pensarci due volte prima di sceglierlo. Non è esattamente quel tipo di romanzo che può essere letto e apprezzato da tutti.
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