Purtroppo al giorno d'oggi la società ci etichetta, ci inserisce in una determinata categoria e ci limita. “Gay”,”belli”,”brutti”,”nerd”,”grassi”o “magri”che sia, perdiamo una parte della nostra unicità per diventare semplicemente uno dei tanti tasselli che costituiscono il tutto.
Libby, protagonista di questo libro, fa parte dei “grassi”.
In seguito alla morte improvvisa della madre la sua vita viene completamente messa a soqquadro. Il vuoto che la divora sembra volerla inghiottire in un buco nero, un vortice di tristezza, solitudine, continua ricerca di qualcosa che non tornerà mai indietro.
Nonostante tutto l'affetto del padre e delle persone a lei care, Libby non riesce proprio a far fronte a questa situazione, e si rinchiude in sé stessa.
“Ieri sera c’era. Stamattina c’era. E adesso se n’è andata per sempre. Com’è possibile che in un istante accada qualcosa di così definitivo? Senza nessun preavviso. Senza il tempo di prepararti, di fare tutte le cose che avevi in programma. Senza darti il tempo di dire addio.”
Per compensare questa mancanza che sembra corroderla dentro senza tregua, la protagonista si butta a capofitto sul cibo. Cibo che, per quanto inizialmente potrà sembrarle consolatorio e il suo unico amico, non farà altro che rovinarle la vita.
Infatti, il suo attaccamento verso gli alimenti diventerà un qualcosa di compulsivo, di patologico, tanto da spingerla a mangiare segretamente e a mentire a suo padre. Il suo peso raggiungerà livelli tali da venir soprannominata “la ragazza più grossa d’America”.
Libby si sente spaesata, persa, confusa. Solo in seguito ad un evento che la segnerà e la “marchierà” per il resto dei suo giorni, riuscirà piano piano a rialzarsi, con l'aiuto di psicologi, psicoterapeuti, dietologi e altri numerosi esperti del settore.
Dopo aver perso numerosissimi chili e aver ritrovato in parte sé stessa, Libby decide di fare un altro grande passo: tornare a studiare nella scuola pubblica. A causa del suo peso, infatti, la protagonista era stata costretta a studiare a casa, in un ambiente per lei confortante, ma in completa solitudine. Nonostante tutti i cambiamenti Libby è ancora leggermente sovrappeso, ma ora sta bene con sé stessa e con il suo corpo e si sente pronta ad affrontare il rientro nella vita sociale. Vuole riacquistare un minimo di quotidianità, per cui, pur con mille insicurezze iniziali, si butta, per la nuova sè, per sua madre, per tutte le persone che fino a quel momento non hanno fatto altro che credere in lei.
“Oggi è il gran giorno. Mi dico: Non desideravi altro quando eri troppo spaventata per mettere il naso fuori di casa. Non desideravi altro quando sei rimasta inchiodata al letto per sei mesi. Sognavi solo questo: potertene andare in giro come tutti gli altri. Ti ci sono voluti due anni e mezzo di campi estivi per obesi, dietologi, psicologi, psicoterapeuti e personal trainer per prepararti a questo giorno. Negli ultimi due anni e mezzo hai fatto diecimila passi al giorno, ognuno dei quali ti ha portato fin qui.”
Purtroppo però il periodo adolescenziale non è mai facile da affrontare. Il liceo è come una vasca piena di squali sempre pronti a inghiottire il prossimo per garantire la sopravvivenza personale, e Libby non sarà di certo esente da attacchi, anzi.
Sopravvivere per lei sarà tutt'altro che semplice.
A scuola incontra Jack, un ragazzo che all'apparenza sembra non avere nulla in comune con lei: popolare, bello, affascinante e sempre sorridente, in realtà custodisce un enorme segreto.
Segreto che lo costringe e non essere mai completamente sincero con sé stesso e con gli altri.
Segreto che lo obbliga ad avere un carattere “di facciata”, che non lo rappresenta veramente ma che è un ottimo modo per nascondere tutto ciò che si cela nel profondo.
Segreto che rende la sua vita un inferno, che lo destabilizza, che lo rende irrequieto e spaventato, soprattutto per il suo futuro.
Jack soffre di prosopagnosia, una malattia che non gli permette di riconoscere i volti. In poche parole: è come circondato da sconosciuti; come se scattasse istantanee più o meno definite dei volti delle persone che incontra per poi vederle svanire non appena queste di voltano, facendoli tornare perfetti estranei.
Per sopperire a questa mancanza però Jack ha imparato a identificare i tratti distintivi di ogni persona, in modo tale da riuscire e riconoscerla anche in una stanza con più persone: orecchie, capelli, andatura, gesti. Tratti che rendono quel determinato soggetto unico nel suo genere.
“Eccomi qua.
È quello che penso ogni volta che mi vedo riflesso. Non nel senso di: Ehi, salve, vecchio mio! Ma piuttosto: Ah, vediamo un po’ chi sei. Mi avvicino allo specchio, cercando di mettere insieme i tasselli del mio viso. […] «Qual è il tuo tratto distintivo?» chiedo al mio riflesso.”
L'incontro tra Jack e Libby avviene in maniera piuttosto particolare.
Jack acconsente alla partecipazione ad un gioco scelto da suo amici solamente per salvare le apparenze e la sua reputazione, e, il gioco in causa, oltre ad essere piuttosto umiliante per la persona presa di mira, vede come vittima proprio Libby.
Peccato però che le cose non vadano come previsto e i due protagonisti si ritrovino in presidenza e successivamente costretti a trascorrere del tempo insieme a causa delle punizioni che gli sono state assegnate per aver trasgredito le regole.
Durante questo tempo i due personaggi avranno modo di conoscersi meglio, scopriranno a mano a mano gli uni i segreti degli altri, i loro punti forti e quelli deboli.
Jack avrà modo di appurare la forza di Libby, ogni scorcio del suo terribile passato, la sua determinazione quando si auto-impone uno scopo, la sua agilità e grazia nonostante la mole consistente, la sua passione per il ballo, la luminosità dei suo occhi e le costellazioni che le lentiggini creano sul suo viso.
“No, c’entrano cose più importanti, come il modo in cui le si illumina il viso quando ride, o il modo che ha di camminare quando ti viene incontro, o la mappa stellare che le lentiggini disegnano sul suo volto.”
Libby d'altro canto si renderà conto che la vita del protagonista è tutt'altro che semplice. Capirà quanto la prosopagnosia sia limitante per lui e nonostante tutto non esiterà ad accorrere ad aiutarlo se necessario. Lo sosterrà nella sua idea di andare più a fondo sulle ricerche riguardanti la malattia, entrerà in empatia con lui a tal punto da provare a vedere il mondo con i suoi stessi occhi. Ampliando, come le aveva insegnato sua madre, i punti di vista con cui osservare qualcosa prima di giudicarla.
Capirà che sotto a quel guscio di apparenza in realtà si nasconde un cuore d'oro.
La domanda più importante però è: riuscirà Jack a superare le sue insicurezze e ad andare oltre quello che pensano gli altri? O preferirà mantenere la sua personalità di facciata a discapito di una possibile relazione con la ragazza che gli permette di essere totalmente sé stesso?
Questo è un libro che va oltre le apparenze, che supera le barriere e i confini.
E' un libro che parla di crescita, di rinascita, di perdono, di seconde possibilità.
E' un libro che ci mostra quanto la società ci condizioni, con le sue ideologie e i suoi preconcetti.
L'autrice è stata perfettamente in grado di mettere in luce quanto la paura possa manipolare le scelte e le azioni delle persone. Perché spesso il timore di essere giudicati o esclusi ti blocca, ti fa prendere delle decisioni che non ti appartengono, ma che sembrano più facili.
Jennifer Niven ci parla della malattia e ci fa capire quanto questa possa essere limitante, sia per quanto riguarda la prosopagnosia, che l'obesità. Quanto questa vada a influire sul regolare sviluppo di una vita umana.
Ci fa aprire gli occhi e rivivere quelli che per tutti sono stati anni difficili: l'adolescenza. Un periodo di crescita, di cambiamenti, di maturazione, di salti nel vuoto. In cui l'autostima cala notevolmente e si è disposti a tutto pur di essere accettati. Pur di non rimanere soli.
Ci dimostra che spesso, proprio i fautori di azioni che vanno a nuocere l'altro, sono vittima di profonde insicurezze. Non per giustificarli, semplicemente per far capire che tutti hanno bisogno di essere capiti. Anche coloro che all'apparenza sembrano più spavaldi o sicuri di sé.
Che tutti meritano un gesto gentile, una premura, un po' d'amore.
“La vita è troppo breve per perdere tempo a giudicare gli altri. Che diritto abbiamo di dire al prossimo come dovrebbe sentirsi o cosa dovrebbe essere? Perché non cerchiamo di migliorare noi stessi, invece? Non ti conosco, ma sono sicura che anche tu hai qualche problema. Magari hai un corpo da modella e un viso perfetto, ma scommetto che anche tu nascondi delle insicurezze. [...]
E a tutte le altre dico: siete desiderate e desiderabili. Grasse e magre, alte e basse, carine o bruttine, estroverse o timide. Non permettete a nessuno di sostenere il contrario. Nemmeno a voi stesse. Soprattutto a voi stesse.”
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